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Una misura attesa da anni potrebbe tornare a ridisegnare la fiscalità del settore immobiliare non residenziale

La Manovra 2026 riaccende il dibattito su una misura che, se approvata, potrebbe cambiare radicalmente l’equilibrio fiscale delle locazioni commerciali: la cedolare secca al 21% anche per i negozi e gli uffici.

Dopo anni di richieste da parte delle associazioni di categoria e degli operatori del settore, la proposta — sostenuta da Fratelli d’Italia e discussa ai tavoli della riforma fiscale — mira a estendere il regime agevolato oggi riservato alle locazioni abitative anche agli immobili a uso commerciale, in particolare nei centri storici e per gli immobili sfitti o inutilizzati.

Un obiettivo chiaro: rivitalizzare i centri urbani

Secondo la proposta riportata da Milano Finanza e Fiscomania, la cedolare secca al 21% si applicherebbe inizialmente agli immobili commerciali fino a 600 metri quadrati, situati nei centri storici, e in una seconda fase potrebbe essere estesa fino a 1.500 metri quadrati.

L’obiettivo politico è duplice:

  • contrastare la desertificazione dei centri urbani, dove centinaia di negozi restano chiusi da anni;

  • alleggerire la pressione fiscale sui proprietari, incentivandoli a riaffittare i locali a canoni più competitivi.

Attualmente, infatti, le locazioni commerciali sono tassate con l’IRPEF progressiva, le addizionali regionali e comunali e le imposte di registro e di bollo sui contratti.
Con l’introduzione della cedolare secca, invece, il proprietario verserebbe un’unica imposta sostitutiva del 21%, con notevoli vantaggi in termini di semplicità e liquidità netta.

Una proposta già prevista nella riforma fiscale

Il principio non nasce da zero: la Legge Delega per la Riforma Fiscale (L. 111/2023, art. 5) prevede già la possibilità di estendere la cedolare secca agli immobili non abitativi locati a soggetti che esercitano attività d’impresa, arte o professione.

Finora, tuttavia, la norma è rimasta lettera morta: mancano i decreti attuativi e, soprattutto, le coperture finanziarie.
L’introduzione di un’imposta sostitutiva del 21% comporterebbe infatti una riduzione del gettito fiscale per lo Stato, motivo per cui il provvedimento potrebbe essere applicato solo in forma parziale o sperimentale.

Si ipotizza, quindi, una fase pilota limitata ai centri storici o ai comuni con alto tasso di locali sfitti, come misura anti-crisi e di rilancio urbano.

Effetti economici: vantaggio reale o illusione contabile?

Se approvata, la misura avrebbe effetti immediati sul mercato delle locazioni commerciali.
Per i proprietari, significherebbe un’aliquota secca del 21% al posto di un’imposizione effettiva che, oggi, può facilmente superare il 38–43% tra IRPEF e addizionali.

Un esempio pratico:

  • su un canone annuo di 30.000 euro, il locatore oggi trattiene poco più di 17.000 euro netti;

  • con la cedolare secca al 21%, il netto salirebbe a circa 23.700 euro, con un risparmio di oltre 6.000 euro l’anno.

Il beneficio, tuttavia, non sarebbe solo fiscale: un regime agevolato può spingere molti proprietari a riportare sul mercato immobili sfitti, generando nuova offerta, nuove attività e maggiore vitalità economica nei centri urbani.

I rischi: copertura e applicazione selettiva

Come spesso accade, la sfida non è solo tecnica ma politica.
Il Governo dovrà decidere quali categorie catastali includere (C/1 per i negozi, A/10 per gli uffici?), quali limiti dimensionali fissare e quali aree privilegiare.
Senza una copertura strutturale, la misura rischia di diventare una sperimentazione temporanea, utile a riaccendere il dibattito ma non sufficiente a riequilibrare davvero il mercato.

Inoltre, resta aperta la questione dei contratti in corso: la cedolare secca si applicherebbe solo alle nuove locazioni o anche ai rinnovi?
E in che misura potrebbero beneficiarne i grandi proprietari o i fondi immobiliari?

Uno sguardo d’insieme

Per il comparto immobiliare non residenziale, questa ipotesi rappresenta una boccata d’ossigeno potenziale, ma anche un banco di prova per la coerenza della politica fiscale italiana.
Se attuata con criteri chiari e stabilità nel tempo, la cedolare secca commerciale potrebbe diventare una leva strutturale per rilanciare le città e riequilibrare i rendimenti immobiliari.
In caso contrario, resterà un annuncio ricorrente, destinato a riaccendersi a ogni Legge di Bilancio senza mai concretizzarsi davvero.